
Da Karl Freund, operatore e direttore della fotografia di METROPOLIS di Fritz Lang e regista del primo originale LA MUMMIA, un film tra i più malsani -forse il più malsano con FREAKS di Todd Browning- di quei tempi: agli albori del cinema sonoro, quando pionieristici fenomeni da baraccone (Todd Browning faceva il fachiro al circo prima di dedicarsi al cinema) e transfughi dell'espressionimo allungavano le loro ombre nella luce tinnica di una Hollywood in fascie: trasformando l'orrore in disperati melodrammi.
Film epocale, in bilico tra il mondo della vecchia Europa, l'Espresionismo di Murnau , e il nuovo continente Americano: il vecchio e il Nuovo mondo.
Peter Lorre giganteggia nella superba interpretazione del chirurgo Gogol, perdutamente innamorato ma non corrisposto dell'attrice teatrale Yvonne, interpretata da Isabel Jevel, già felicemente sposata con un famoso pianista, interpretato dal mitico Colin Clive (già protagonista dei Frankentein's di James Whale). Tale infausto innamoramento porterà Gogol ad idealizzare Yvonne, trasformandola in una sua creatura come nel Mito di Pigmalione e Galatea. Lo scambio tra donna reale e statua di cera da lui perversamente e feticisticante idolatrata, porterà Gogol in un crescendo allucinatorio in cui Lorre raggiungerà le vette interpretative del grandioso MOSTRO DI DUSSELDORF (del maestro di tutti: FRITZ LANG).
Cult destinato a perdurare nel tempo e ampiamente citato da Alejandro Jodorowsky nel suo SANTA SANGRE.
Voto !!!!
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